mercoledì 13 novembre 2013

due piccioni - 2


PRENDERE DUE PICCIONI

con Aroldo Marinai

 

 

 

Ce n’è tanti, di bravi scrittori che invecchiano male. Parecchi. E il franco-boemo di buona fama autore dell’insostenibile leggerezza dell’essere, non fa eccezione. Il suo ultimo libro, la sua più recente fatica - dove fatica lo uso in termine proprio, facendo partecipi anche le energie del lettore – è fieramente sbandierato dalla fascetta di copertina come “prima edizione mondiale”. A Firenze siamo poco rispettosi d’ogni cosa, in questi casi si dice “tirati su le ciocce”.  Insomma di che si tratta. Un gruppetto di amici più o meno frivoli si riunisce per una festa di compleanno. Eccetera.

 

Invece c’è anche chi invecchia meglio, tra gli scrittori. Per esempio Péter Estherázy, ungherese del 1950, aveva cantato il requiem per la madre deceduta nel 1985, e ora la fa rinascere. Non solo la riporta in vita ma le appioppa una passione calcistica e un idillio con il leggendario Puskàs. Il libro è una miniera di citazioni per cronisti e appassionati di sport. Agli occhi della mamma l’apice della gloria letteraria del figlio giunge con la stretta di mano di Beckenbauer. Il fuorigioco non è una cosa da bambini. La chiacchiera all’in piedi a bordo campo fa parte del gioco, è già gioco del calcio.

 

I quattro amici di Kundera dunque organizzano un cocktail, invitano un po’ di signore e signorine, sembrano tutti un po’ fatti come ai bei tempi degli spinelli, ma siamo ai nostri giorni. Si ciancia su questo, si ciancia su quello, vuotaggini. Oddìo, l’autore cerca di speziare la frittatina introducendo un paio di carrellate all’indrè. C’è il tipo che fantastica sulla madre che l’ha abbandonato infante perché in realtà non lo desiderava, e lui ci intesse dialoghi e la rende protagonista di fantasie invadenti. E c’è il vecchio Stalin-Baffone che fa lo spiritoso e non è mica morto, no, è vivo vegeto e scorrazzante per le vie di Kaliningrad o di Parigi. Ma per favore.

 

Calcio a parte, come non condividere che fra le cose più belle al mondo ci sia il triangolo della mutandina che traspare sotto il camice bianco delle infermiere? Immaginiamo un campo di calcio triangolare… (sto citando Esterházy). Alla fine un ex attaccante sbevucchione investito dal treno ripete ai suoi soccorritori una sola frase gorgogliata nel sangue “l’ha assegnato?” “l’ha assegnato?”. Prima che spiri solo una persona capisce e lo può consolare “l’ha assegnato, lo stronzo, non temere vecchio mio, era fallo netto e all’interno dell’area di rigore”. La scrittura è felice e disordinatissima secondo la lezione di Joyce rivista e aggiornata, non sempre proprio il massimo della scorrevolezza.

 

 

 

 

 

Milan Kundera – La festa dell’insignificanza.  Adelphi, 16 euro. (Insulso. Soldi buttati)

Pèter Esterházy – Non c’è arte. Feltrinelli. 16 euro. (bella copertina. Lettura a vostro rischio)

domenica 10 novembre 2013

incipit? Credo di sì.


APRILE – GOOD MOURNING

 

Sciolare.
Fare posto, via dal mezzo.
Bociante appressarsi a passucci di corsa dimenando fianchi onde eludere ribaltamento enorme fumigante pentola di acqua in bollore, giù rovesciarla nel lavandino ostruito. Precedenza idraulico liquido gel. Tante volte averglielo detto e ridetto raccomandazione no buttare sostanze solide giù per il bocchettone dello scarico, nulla da fare. Ma fossero pezzetti piccoli di roba morbida e vegetale subito disgregabile? Non vuol dire, è uguale. Ecco il risultato. La quale essi non avendocele mai ficcate le mani a sfruconare giù per i tubi di scarico, mai in vita loro tirocinanti stasini disgorgatori, curve e controcurve plastiche aranciate sia anche tubature rame piombo ottone zinco e raro il deflusso precipite sempre pendenza minima, facendone fede livella con bolla, cosa mai volerci due capelli una fogliolina di basilico bell’e creato il blocco, dopo basta nulla, muraglia tappo e congestione. Detersivi e saponi a creare melmosa gelatina nera nel ristagno toccare senza guanti che schifo. All’aperto tanfo di marciume rivolo grigiastro nella terra lombrichi grassi voltolarsi alla stuzzicatura col fuscellino.

martedì 29 ottobre 2013

Prendere due piccioni con A.M.

PRENDERE DUE PICCIONI
con Aroldo Marinai


Mettiamola così: un pullman riporta a casa, da Dresda a Berlino, un rumoroso gruppo di anziani turisti. L’autista preferirebbe il silenzio ai canti e agli schiamazzi, ma il suo carattere tranquillo lo protegge e intanto con la mente ripercorre l’intera vita in brevi lampi di memoria. Questo racconto di Christa Wolf, dedicato al marito, è l’ultimo pubblicato quando già lei era scomparsa (2011).
L’anziano autista, August, rivive l’infanzia, l’arrivo da fuggiasco e orfano dalla Prussia al tubercolosario che lo vedrà innamorarsi, lui di otto anni – ma come altrimenti dire – di una adolescente che poi come lui guarirà. Il clima e l’ambiente, si è capito, sono quelli della Davos della Montagna Incantata.

Altrove: un marinaio scozzese di nome Alessandro Selkirk sceglie di essere abbandonato nell’isola di Juan Fernandes per aspre controversie col capitano della sua nave, il Cinque Porti del capitano Stradling (siamo nel 1704). Selkirk rimane sull’isola quattro anni e quattro mesi, anche se in quel frattempo alcune navi hanno dato fondo per provvedersi di acqua dolce e capre di cui cibarsi. Ma, o perché si tratta di spagnoli (e qui si sprecano le schioppettate contro il nostro), o francesi, o di nazionalità incerta e la prudenza consiglia il riserbo. Quando viene abbandonato possiede abiti, un letto, un fucile, una libbra di polvere, palle, tabacco, una scure, un coltello, una pentola, una Bibbia ed altri libri di devozione più i suoi strumenti di marina.

Frattanto August si rivela ragazzino con serie difficoltà intellettive. Non è fatto per la scuola (eufemismo). Eppure cresce fra malattie e morti fino a trovare un lavoro (quello che ha sempre sognato: autista di camion), una moglie paziente e devota (credo, dice lei decidendo di sposarlo, che tu sia una persona perbene). Alla fine: ho avuto una buona vita. Christa Wolf usa una economia espressiva eccezionale, quasi asciutta cronaca lirica.

A Juan Fernandes dopo i primi mesi subentra la solitudine, poi emerge la difficoltà del fuoco (superata con lo sfregare due legnetti di mirto-pepe). Alessandro mangia pesce, rape, cavoli, gamberi di fiume, cattura le capre correndo, le marchia all’orecchio (nel 1741 verranno trovate ancora capre marchiate). Logorati gli abiti si fa un giustacuore e una berretta di pelle di capra. Durerà fatica, dopo il salvataggio sulla nave inglese, a portare di nuovo le scarpe. La storia è argomento del romanzo di Robinson Crusoè.

I due piccioni:
Christa Wolf, August, edizioni e/o, 2012 - Consigliato

Deperthes, Storie di naufragi, Martello editore, 1968 - Introvabile